E se questa la facessi al contrario?
Puntata 8, e tendo a precisare che non continuerò all'infinito, almeno non qua su facebook. Credo vi omaggerò/scoglionerò fino alla puntata... booh? 12 o 13.... e poi procederò un po' più a "piccole dosi".
Perchè ho intenzione di ampliare notevolmente questi approfondimenti "musicali". Mi sono reso conto solo quando ho iniziato a scrivere il post sulla "canzone del sole" ed ho visto la vostra risposta, che ho un mare di cose che vorrei condividere, raccontare. Le cose che mi hanno appassionato. Non solo nelle "canzoni che non te se speti", ma anche riguardo i capolavori sommersi, i temi ricorrenti degli autori, la meraviglia racchiusa in alcuni versi nonsense, la poesia che nasce dall'amalgama tra armonia/testo/musica/arrangiamento. Ma tutto questo arriverà.
Intanto vi spiattello la puntata 8.
Perchè cacchio stai scrivendo in italiano?
Per far contrasto. Perchè ho scritto in dialetto durante le interpretazioni delle altre canzoni, e questo, creava quella sorta di confidenza dell'amico, che dalla sedia accanto a te, con un CD in mano e il booklet aperto, ti spiega, concitato, il motivo per cui tu DEVI ASSOLUTAMENTE ascoltare quel brano.
Quindi, che contrasto? Oggi tratterò un'altra canzone che conoscete tutti. Potreste scrivere a testa in giù, adesso, tutte le parole. L'avrete cantata o ascoltata quest'anno almeno... non so... 4/5 volte almeno.
A volta i capolavori italiani sono scritti nel dialetto di chi li scrive.
MARINARESCA
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<<Una fresca bavisela
incomincia za a sufiar>>
Testo di Raimondo Cornet (detto Corrai), musica di Publio Carnel. Autori tra l'altro anche di "Trieste mia".
Già dal titolo è chiaro. Siamo in barca. Siamo in mare.
E sembra superfluo spiegare di quale mare si tratta. "Bavisela", vento leggero.
Un pescatore, di professione, si ritrova durante la notte immerso nei suoi pensieri. Viene accarezzato dal vento. Questa "bavisela" è "Fresca", non "Fredda". Il periodo doveva essere quindi caldo, probabilmente estate... altrimenti, in mare aperto, di notte, col cacchio che la definisci "fresca".
<< de ponente su la vela
che xe un gusto a bordisar>>
"Bordisar", ovvero 'navigare col vento di traverso'. Considerando che il Ponente (o Zefiro) arriva da Ovest, il pescatore sta pensando alla sua 'marinaresca' mentre sta uscendo da Trieste. Mentre prende il largo. Come tutti i marinai innamorati del proprio mestiere, si diverte a bordeggiare: il vento è perfetto. Non solo rinfresca, ma anche accompagna l'imbarcazione verso la notte. (non so se siete mai stati su una barca a vela, ma quando si naviga di traverso, per un effetto fisico, l'intensità di vento percepita aumenta in maniera pazzesca rispetto a quella reale)
<<te saludo dona mia,
vado in barca a paiolar>>
Molti cantano "panolar", ovvero il tipo di pesca che si fa con la "panola", lenza con tre piombi per la pesca degli sgombri, che però si pratica di giorno, tanto da invalidare un po' questa teoria. "El paiol" invece è il fondo della barca.
Tratto dal forum atrieste: mio papà ciamava paioi el fondo, el pavimento dela barca; dopo ogni piovon el dixeva che el devi ‘ndar a paiolar, cioè tirar su i paioi e sugar l’aqua.
Il pescatore sta uscendo in mare. Saluta la sua donna, probabilmente senza dire una parola, solo guardandola. Lei sta sicuramente dormendo e non vuole svegliarla.
<<se stanote stago via
no te devi disperar>>
La coppia che si divide, in un momento così intimo come lo è la notte. E lui, che vorrebbe tranquillizzarla.Non disperare, tornerò. "Disperare" è una parola forte. Quasi esagerata. Ma è una canzone nata in periodo di guerra. Lasciarsi, anche solo per qualche ora, poteva far affiorare incognite e fantasmi oggi inimmaginabili.
<<Trieste dormi
el mar se movi apena
le stele brila e le me fa sognar>>
Nell'immaginario collettivo, probabilmente traviati dal 'cantar da osteria', questo incipit del ritornello viene percepito come un imperativo. Tipo...Trieste, DORMI! DORMI CAZZZOOOOO!!
E invece è verbo, porco can. E' descrittivo, non esortativo.
Trieste sta dormendo, ed il mare, leggermente increspato dallo stesso Ponente che accarezza questa calda notte, fa da specchio ad un limpido cielo estivo, dal quale migliaia di stelle stanno guardando il pescatore. Trieste e le sue poche luci sullo sfondo, probabilmente dalle rive .Quella visione, per molti di noi inedita, della nostra città vista dal golfo.
E in mezzo a questo spettacolo senza eguali, possono succedere cose magiche.
<<e se stanote
ciapo una sirena
mi te la voio
domani a regalar>>
Non pescherà sirene. Magari stavolta addirittura non pescherà niente. Ma vorrebbe che lei fosse orgogliosa di lui. Che la solitudine in cui la lascia durante la notte possa essere ricompensata dal suo arrivo, la mattina, dopo aver compiuto l'impresa che nessun marinaio nella storia è riuscito a portare a termine. Catturare una sirena. Non per la gloria, non per i soldi, ma per lei.
<< go con mi tre grandi afeti
quando vado a navigar>>
Non potrei sopravvivere, da solo, in questa oscurità, senza le cose più importanti della mia vita. Senza le mie "luci".
<<go Trieste>>
a far da sfondo, spettatrice calma ed immobile di sè stessa e dei suoi figli, lavoratori come lui, in orari inconsueti.
<<i tui oceti>>
Un'immagine impressa nella mente: lo sguardo di lei. Il motivo per cui ogni notte ritorna.
<<e la barca per pescar>>
Il mio mondo, ciò che mi tiene vivo. Ciò che ci permette di mangiare, il mio regno.
<<ma domani co fa giorno
te me sentirà cantar>>
E si ritrova ad immaginare questa scena: lei sta ancora dormendo, dall'esterno della casa sente la sua voce. Lui canta, è finalmente felice e ritorna. E ritorna da eroe.
<<e te porto quando torno
tuti i pessi che xe in mar>>
Sono finiti i problemi, ha pescato tutto il pesce del mare! Tutto! Proprio lui!
Di fronte ad un'impresa del genere sicuramente lo perdonerà per averla lasciata sola quella notte. Aprirà la porta, ancora assonnata, ridendo e urlando di gioia, mentre lui, stanco e sorridente, le mostrerà orgoglioso il miracoloso frutto delle sue fatiche.
<<Trieste dormi
el mar se movi apena
le stele brila e le me fa sognar
e se stanote ciapo una sirena
mi te la voio domani a regalar.>>
Promesse impossibili da mantenere, ma che tengono la mente del pescatore impegnata. Sarà un'altra notte di fatica, e la sua donna, quando lo sentirà arrivare, saprà sorridere anche senza trovare davanti a casa tutto il pesce del mondo. (anche perchè dopo, chi lava?)
Un uomo semplice, con un lavoro umile. Ma che sa cogliere la poesia e la bellezza all'interno del mondo che lo circonda.
E' questa la sua "Sirena". La sua impresa impossibile.
In questo modo non c'è guerra, problema, o momento difficile che non si possa superare.
Marinaresca, una poesia in musica, un messaggio di speranza a cui dovremmo a volte far affidamento quando ci perdiamo nel nostro mare, nella nostra notte.
Chiudendo gli occhi ed aspettando l'arrivo della mattina, meravigliosa e risolutiva, trovando le forze per accettarne l'infinita attesa all'interno delle cose già che abbiamo.
...E se la mattina non sarà con "tuti i pessi che xe in mar", almeno sarà stata un'indimenticabile 'bordisada'.
...la vita.